Prevenire l'antibiotico-resistenza
Una responsabilità per tutti noi
L’uso improprio e non controllato degli antibiotici sta generando un problema di enorme portata: il fenomeno dell’antibiotico-resistenza.
Con questo termine si indica la capacità sviluppata da alcuni batteri di sopravvivere e moltiplicarsi nonostante la presenza dei farmaci pensati per eliminarli. Tale resistenza è il risultato di modifiche genetiche che rendono i batteri progressivamente più forti e in grado di neutralizzare l’efficacia delle terapie antibiotiche.
Più batteri resistenti circolano, più diventa difficile contrastare infezioni negli ospedali, proteggere i pazienti sottoposti a interventi chirurgici o difendere le persone immunodepresse. Inoltre, spesso si è costretti a usare antibiotici di ultima generazione, più costosi o con maggiori effetti collaterali.
La prevenzione: best practices
- Seguire sempre la prescrizione medica: mai assumere antibiotici di propria iniziativa.
- Completare la terapia anche se i sintomi scompaiono.
- Non usare antibiotici per influenza o raffreddore (causati da virus).
- Vaccinarsi: ridurre le infezioni significa ridurre l’uso di antibiotici.
- Igiene corretta: lavare spesso le mani, proteggere le ferite, rispettare le norme di sicurezza alimentare.
- Informarsi e sensibilizzare: ognuno di noi può contribuire a diffondere buone pratiche.
Accanto all’impegno delle autorità sanitarie, diventa quindi fondamentale anche la responsabilità individuale: ogni persona ha un ruolo decisivo nel preservare il valore di questi farmaci e nel contribuire alla tutela della salute collettiva e delle future generazioni.
Negli ultimi anni l’Italia ha registrato segnali preoccupanti riguardo all’uso degli antibiotici e alla diffusione della resistenza batterica. Nel 2023, il consumo complessivo di antibiotici per uso sistemico è aumentato del 5,4 % rispetto al 2022, arrivando a 22,4 dosi per mille abitanti al giorno.
Le regioni del Sud e del Centro mostrano una maggiore propensione all’utilizzo, contribuendo a un marcato divario territoriale. In confronto, l’Italia mantiene uno dei rapporti più elevati in Europa tra l’uso di antibiotici “ad ampio spettro” e quelli “a spettro ristretto” (rapporto circa 13,6 contro una media UE di circa 5,5).
Parallelamente, i dati sulle percentuali di resistenza in alcuni batteri mostrano fenomeni in crescita in diversi casi.
Ad esempio, la resistenza di Klebsiella pneumoniae alle cefalosporine di terza generazione è passata dal 52,7 % al 55,2 % tra il 2018 e il 2023. In Escherichia coli, la percentuale di resistenza alle cefalosporine di terza generazione è salita lievemente nel 2023 (26,7 %) rispetto agli anni precedenti (24,2 %). Per Enterococcus faecium, la quota di isolati resistenti alla vancomicina continua a mostrarsi in ascesa, passando dall’11,1 % del 2015 al 32,5 % nel 2023. Nel caso di Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA), la percentuale è scesa a 26,6 % nel 2023, segnalando un lieve miglioramento.
Infine, il peso delle infezioni da batteri resistenti in termini umani resta drammatico: si stima che ogni anno in Italia circa 12.000 decessi siano attribuibili a infezioni resistenti, posizionando il Paese in cima alla classifica europea per mortalità legata all’antibiotico-resistenza.
Questo quadro sottolinea maggiormente l’urgenza di strategie efficaci (non solo a livello istituzionale, ma anche nel comportamento quotidiano delle persone) per contrastare la progressiva erosione dell’efficacia antibiotica che rischia di compromettere gravemente la salute pubblica.